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RICCARDO MENGHINI, traversata stile libero
30.08.2013

Il nuotatore romano scrive una pagina importante nella storia delle traversate, attraversando lo Stretto di Messina in una giornata molto difficile, soprattutto per un atleta disabile. Riccardo, infatti, è affetto da tetraparesi e ha grandi difficoltà nell'uso delle gambe. Ciò non gli ha impedito di coprire il tratto di mare tra Sicilia e Calabria in un'ora e ventitre minuti nuotando contro lo scirocco e le onde. Un'impresa bellissima che ha emozionato tutti quelli che, come me, hanno avuto la fortuna di parteciparvi. Lasciamo che sia lo stesso Riccardo a raccontarci la sua traversata - e la sua storia. Eccola qui.

 

"HO STRETTO DI MESSINA"

Era il trenta luglio, esattamente un mese prima di questa passeggiata acquatica tra due regioni, Sicilia e Calabria, fatta a colpi di braccia nel punto in cui Jonio e Tirreno mescolano le loro differenti tonalità di blu, da Capo Peloro in provincia di Messina fino a Cannitello, in provincia di Reggio Calabria. Steso sul letto, nel momento cruciale del passaggio dalla veglia al sonno, mi viene in mente Marco ed il suo monito:" Ma sei proprio sicuro di voler attraversare lo stretto a nuoto?"

Ho ricominciato a nuotare due anni fa per stare meglio e tenere a bada la mia tetraparesi che mi fa camminare come un clown ubriaco, dopo troppo tempo di mancato esercizio: due anni in acqua hanno schermato le fastidiose incursioni della strega sulla lombare, quella che ti lascia senza fiato a novanta gradi quando ti pieghi a raccogliere i calzini, per capirci. Ma non solo questo: mi hanno reso piu' solido, non solo fisicamente e comunque anche meno vulnerabile rispetto ai normali "acciacchi" da cinquantenne. Ci ho preso gusto a combattere la gravità: altro segreto per cercare di aggiungere, giorno dopo giorno, un chicco di benessere al granaio della mia vita. Mi avessero chiesto di fare 3,6 chilometri a piedi li avrei mandati a quel paese con un biglietto di sola andata. I biglietti di sola andata li vendo visto che lavoro alla Emirates che sicuramente ha aperto quella rotta, la più remunerativa in assoluto. Ho ripreso confidenza con l'acqua dopo circa trent'anni di pausa e dopo un anno di nuoto ero stufo di fare la figura del criceto alle prese con la sua ruota senza soluzione di continuità dunque , terminate le scorte di semi di girasole, mi avventuro nel pianeta internet alla ricerca di indicazioni sulla traversata dello Stretto di Messina.

Verso dicembre 2012 contatto con Nino Fazio e Giovanni Arena. Il loro sito si chiama "Baiadigrotta". Ci vuole poco per capire che si tratta di gente che il mare , sopratutto quel tratto di mare, lo conosce come il proprio nome e cognome. Organizzano da anni le traversate nello Stretto, singole, in coppia ed in gruppo. Li contatto chiedendo se ritenessero possibile la traversata, spiegando loro della mia tetraparesi, della mia non più verde età e aggiungo il numero di vasche e tempi che faccio nuotando a stile libero, ma veramente libero, tre volte a settimana . Chissà, forse speravo in un no secco oppure risposte del tipo:" tanti complimenti, ma non è cosa per te".

Invece Nino mi risponde che il tutto è fattibile . Mi sono fregato con le mie mani, ora tocca a me. Fattibile certo, ma a determinate condizioni: propongo a Nino alcune date, ma vengono immediatamente bocciate. L'unica condizione prevedibile a grandi linee è la velocità della corrente in base alle fasi lunari. E' necessario evitare plenilunio e novilunio e prediligere i quarti di luna. In base a questa regola generale, Nino sceglie il 30 agosto con partenza alle 9 del mattino. La corrente dovrebbe essere sotto controllo ma imparerò sulla mia pelle che non è il solo fattore da considerare. Si tratta di nuotare nel punto di confluenza di due mari Jonio e Tirreno , dove la corrente scendente da nord a sud e quella contraria montante si alternano spesso mescolandosi e mandando in crisi persino le grandi navi: nel passagio dello Stretto, i comandanti stranieri delle navi in transito vengono raggiunti da una pilotina all'ingresso e sostituiti da marinai siciliani o calabresi per uscire da queste acque tanto complicate.

Faccio carte false al lavoro per prendere 29 e 30 agosto di ferie perché, come ricorda Nino, la luna non ha alcun rispetto per le nostre esigenze lavorative. Nino stesso mi avrebbe organizzato il tutto: burocrazia, autorizzazioni, carte da bollo, capitaneria, barche appoggio, medico, bagnino, ambulanza...e becchino (no, no il becchino non c'era, scherzo). Dunque tutto è pronto, ora tocca a me!!

"Tocca a me" significa sei chilometri a settimana nuotati a stile libero in cinquantatre minuti per ogni sessione. Nuoto otto serie da dieci vasche ognuna, alternando la velocità (sostenuta e moderata). Posso nuotare soltanto stili che presuppongono l'allungarsi, dunque dorso e stile libero. Questo decidiamo con Alessio, diventato d'ufficio il mio istruttore nonostante io segua il corso di nouto libero. La rana è uno stile che presuppone la contrazione e per la mia tetraparesi è un movimento sconsigliato poichè potrebbe peggiorarla, così come il delfino che sollecita troppo la parte bassa della schiena. Mi viene richiesta una visita medica per l'abilitazione all'agonismo. La visita va bene: il medico, mortificato si scusa per avermi costretto ad una prova sotto sforzo sulla cyclette. Mi informa costernato che questo esame, per un disabile agli arti inferiori andrebbe svolto con il vogatore. Nel frattempo il mio quadricipite sinistro, per lo sforzo innaturale della spinta violenta sulle gambe, mi urla tutta la sua indignazione. "L'atleta Riccardo Menghini": le prime parole del certificato medico le leggo più volte appena uscito dal centro medico. "So' soddisfazioni" si direbbe dalle mie parti.

In piscina prendo i tempi ogni 250 metri e spesso mi chiedo controllandoli se sono veramente io a nuotare così forte. Minuto dopo minuto imparo a scoprire in me cose che non avrei mai immaginato di avere. Talvolta per me l'allenamento era semplicemente provare la finissima gioia di camminare in acqua su una gamba sola oppure saltellare, cose che sulla terraferma potevo solo immaginare. Ho scoperto a cinquant'anni cosa si prova a fare una capriola! Per me era un grande risultato. Alessio mi segue e si fomenta, mi mette al corrente che mi avrebbe accompagnato in acqua. Perfetto! penso io , Alessio, tra le altre cose , è specializzato nel salvamento in mare! Il cacio sui maccheroni insomma. L'idea di traversare in due si spegne presto: Alessio mi informa che dovrà lavorare in piscina per tutto il mese di agosto e mi lascerà da solo ad affrontare i capricci di Scilla e Cariddi.

Ci vuole sempre un'ispirazione per provare qualcosa di nuovo. Proverò a descrivervi la mia. In realtà l'ispirazione è molteplice e viene da lontano: mi sono chiesto, al compimento dei 50 anni, se non valesse la pena realizzare un sogno e quale fosse. E c'era. Ho ricordato un bimbetto di sei anni il quale, ogni volta che andava al mare, infilava la sua ciambella bianca e rossa e pregava fino allo sfinimento qualche adulto di portarlo fino alla boa. Quel puntino rosso al largo era diventata un'idea fissa anche perchè nell'acqua non sentivo la fatica né avevo paura di cadere e farmi male. Potevo usare le braccia come non potevo usare le gambe in terraferma. Insomma ho preso il sogno di un bambino e l'ho ridisegnato, ma il sogno mi ha accompagnato anche durante la giovinezza: vi riscrivo, esattamente così come l'ho ricevuto, il messaggio del mio amico e omonimo Riccardo, tra quelle persone preziose che ricomici a frequentare dopo venticinque anni e ci parli come se non li vedessi da un paio di giorni. Si riferisce alla piscina del campeggio Isola Verde di Nettuno. Più o meno dai quattordici ai diciotto anni, abbiamo passato lì i mesi delle vacanze estive e direi cementato una bella amicizia:

"Questa è un'impresa che parte da lontano, non si improvvisa. E sono orgoglioso di poter dire che ho visto un vero atleta allenarsi con determinazione assoluta in una vasca di 25 metri per ore ed ore. Magari allora era solo un sogno. Per quel che mi riguarda, io aspetto il ponte".

Bingo Ric, complimenti !

Niente male come regalo, ho pensato. C'è però anche il senso di una testimonianza, la speranza che un giorno, non troppo lontano, chiunque lo desideri possa percorrere quel mare senza la paura di perdere la vita. Mentre nuotavo in quelle acque ho ricordato chi la vita l'ha perduta cercandone una migliore, chi è affogato in un metro e mezzo d'acqua e chi non ce l'ha fatta.

Vasca dopo vasca arriva il mese di agosto: più si avvicina la data fatidica maggiori si addensano i dubbi. Ma sono proprio sicuro? E le meduse? Come farò con le meduse? Riesco ad andare al mare solo quattro volte: la prudenza e il mio amico Marco che la sollecita mi suggeriscono di non noutare da solo. Faccio il morto a galla e cerco di rilassarmi e sentire l'acqua scivolarmi addosso, cerco di capire come si muove. Studio meticolosamente il sito di Baiadigrotta. Tanti nomi, diverse età e generi, tante storie, tante vite. Nino mi manda un paio di video per farmi vedere come si nuota tra le due barche appoggio. Ne avrò due a disposizione! e!

Parto in aereo il 28 agosto pomeriggio, lasciandomi alle spalle un inquietante cielo color acciaio e prendo alloggio all'hotel Paradis che si affaccia sullo Stretto e si trova a qualche chilometro da Capo Peloro, il punto di partenza. Il primo impatto con lo Stretto ce l'ho all'imbarco del traghetto che mi avrebbe accompagnato a Messina. Mi siedo sul molo impiegando la mezz'ora che mi separa dalla partenza per osservare il mare, lo stesso che avrei assaggiato due giorni dopo.

La luce al tramonto rende il mare di un colore indescrivibile. Vedo la corrente muoverlo ed incresparlo ed anche se quest'immagine avrebbe dovuto accrescere le mie ansie al contrario le assopisce rendendole più sopportabili, sicuramente gestibili. Perchè, in fondo al mio cuore, so benissimo che l'acqua è il mio elemento e che, se lo rispetto, il mare non potrà farmi del male.

Raggiungo il Paradis verso le nove di sera. La camera è con un letto matrimoniale visto che Bruna arriverà domattina, verso mezzogiorno. Noto con terrore che il letto non ha una rete ortopedica e questo purtroppo conterà parecchio. Chiedo espressamente alla reception una tavola da mettere sotto il materasso ma senza risultato alcuno. Per entrare nel mood marino vado al ristorante dell'hotel e chiedo una pasta alle vongole; affronto una porzione inumana anche questa a stile libero o a quattro ganasse se preferite (il cameriere mi dice "Abbiamo abbondato visto che ha ordinato solo l'insalata di contorno") e la mangio assaporando l'odore del mare in bocca.ca.

Uscito dall'acqua chiamo Nino per prendere apppuntamento con lui per l'indomani mattina: sarebbe passato a prenderci alle otto e mezza. Nel frattempo arriva Bruna e dopo un breve riposo, telefono a Giovanni, mio carissimo amico ed ex collega di lavoro. Ci invita a cena ed è il piacere ideale per non pensare troppo alla traversata. La calorosa accoglienza sua, di Antonella, Roberto e Giovanna che rivedo dopo venticinque anni, mi rilassa e mi mette nelle migliori condizioni di spirito. Giovanni e Antonella ci riaccompagnano al Paradis verso le 23...adesso sì, manca veramente poco. Crollo immediatamente in un sonno ristoratore, profondo come il pozzo dei desideri: niente dormiveglia, nessuna ansia, tutto sembra andare per il meglio.

Vedo sorgere il sole verso le 6: è il 30 agosto, la data più ricorrente nei miei pensieri da un pò di tempo a questa parte. Mi metto seduto sul letto e provo ad alzarmi per andare a controllare il mare ed il tempo, ma sento una fitta tremenda, molto più forte di quella della mattina precedente, alla parte bassa della schiena. Non riesco a mettermi dritto in piedi. Mi trascino disperato sul balcone, maledico il Paradis ed il suo letto moscio che avrebbbe madato in crisi il più scafato dei fachiri e tra Paradis ed Infer mi preparo, smoccolando a tutto spiano, ad allogiare al secondo. Aspetto comunque fiducioso il risveglio di Bruna ed il suo antidolorifico miracoloso. Nel frattempo il sole comincia a farsi strada e si alza uno scirocco poco promettente. Facciamo colazione nella hall: dalla grande vetrata difronte a noi distinguo chiaramente la costa calabrese.

La telefonata di Nino arriva alle otto e mezza. Finalmente posso conoscerlo, il mio mito, infaticabile e portentoso nuotatore, autore di traversate singole, doppie, con giravolta eccetera eccetera...insomma un pesce a tutti gli effetti. Mi avrebbe accompagnato alle barche con le quali avremmo raggiunto Capo Peloro mentre e Marco, Paola, Giulia e Marta ci seguono in macchina. Arriviamo al punto stabilito ed incontro un altro mito: Giovanni Arena, il Caronte di tutti noi sciagurati avventurieri del mare e impavidi attraversatori dello Stretto. Stringo la mano al bagnino che chiama Salvatore e mi viene da ridere: nomine omen direbbe il poeta. Se fosse venuto il mio amico Pietro avrei avuto persino gli Apostoli al seguito. L'apostolo solitario Paolo con Giada ci avrebbe raggiunto al pilone di Capo Peloro, al punto di partenza. Il medico Marcello Aricò mi rassicura mentre, in costume, saliamo sulle due barche. Eccolo il pilone maledizione! L'ho guardato per mesi, via Internet adesso era là maestoso ed immobile, un enorme, implacabile blocco di partenza in ferro e cemento che avrebbe dovuto portare la corrente elettrica in Calabria. Sul pilone la corrente non c'è mai passata, mi accorgerò che è rimasta, nella sua forma marina ad aspettarmi acquattata a metà del guado. o.

(Nota di Baiadigrotta: in effetti tra i piloni di Sicilia e Calabria i cavi per il passaggio della corrente elettrica sono stati installati e funzionanti tra il 1956 e il 1992)

Mi butto in acqua per sistemare gli occhialini; per provarli immergo la testa e vedo un pesciolino che mi fissa stupito per qualche secondo poi sparisce rapidamente verso il largo. Ritengo mi abbia scambiato per uno strano animale mutato geneticamente e devo dire questo incontro acquatico mi fa sorridere. Giovanni attende il momento più propizio per la partenza e mi consiglia di scaldarmi nuotando longitudinalmente alla riva. Infilata la testa in acqua per le prime bracciate mi accorgo di non sentire il dolore alla schiena e lentamente mi tranquillizzo svuotando l'enorme testone del superfluo. Credo di essere riuscito per la prima volta in vita mia ad entrare in uno stato simile. Eravamo io, l'acqua e nient'altro, almeno alla partenza. Nel mentre arrivano Giada e Paolo,.... tre,due uno....................

Sono le 9,29 del 30 Agosto: avrei alzato le mani per confermare di essere pronto ed avrei atteso il fischio del via, come da regola. Se ci pensate bene è buffo alzare le mani prima dell'inizio di una passeggiata che non sai se riuscirai a terminare, come in un gesto preventivo di resa. Anche ora, nonostante la concentrazione quasi buddista, mi viene da ridere come ho fatto poco prima con il pesciolino interdetto dalla mia sagoma. Curioso questo meccanismo di ironica autodifesa che prova a diluire la durezza degli eventi a venire!

Ovviamente quanto segue l'ho poi dedotto dalle mie sensazioni in acqua e dai filmati gentilmente concessi da Paolo e dal suo iphone galactico. La bandiera di segnalazione marinara di "uomo in mare", obbligatoria su entrambe le barche, è giallorossa, come i colori della mia amatissima Roma (Nota di Baiadigrotta: e anche del Messina! )

Dopo cinquecento metri circa mi accorgo che qualcosa non va: tendo ad andare verso destra. La corrente mi spinge verso sud, è scendente, come si dice qui. Cerco di recuperare l'assetto nuotando in longitudine per riprendere l'altra barca, ma certo così è un calvario accidenti! Giada e Marco, usando le braccia, mi indicano la direzione da seguire. La mia nipotina prediletta urla come Pavarotti in preda a una crisi isterica e sconvolge temporaneamente l'ecosistema locale. Da una barca chiedono: "Ma fa l'allenatrice?" "No, è solo la nipote" risponde Paolo. Guardano Giada e Marco ripenso al vigile urbano con i capelli neri e crespi che dirigeva il traffico dalla pedana tonda di Piazza Venezia a Roma, sempre epoca anni '70 e '80. Usava le braccia per dirigere il traffico come loro stanno facendo ora con me. Un mito assoluto!!!! !!

Non bastasse la corrente, si alza anche lo scirocco, piuttosto forte e arrivano le onde. Il vento ovviamente mi prende di fronte. Non riesco neanche più a respirare, sbatto le gambe contro la barca a destra. Nuoto con il braccio destro quasi a dorso tirando su la testa per cercare aria e con il sinistro a stile. Insomma qualcosa di completamente hippie, stile libero che più libero non si può! Anzi direi un tantino breakdance. Qui ho avuto proprio paura di non farcela: le onde sono così alte che il braccio sinistro non esce più dall'acqua, le urla e gli incitamenti dalle barche sono assolutamente muti e mi sembra di vivere in un film di Buster Keaton. Sento distintamente il morso della paura arrivare alla bocca dello stomaco, ho Stretto ma parecchio, ho stretto nello Stretto.

Ora inserisco una foto per spiegarvi un episodio di lotta di classe nello Stretto;

Osservate in alto a sinista il meraviglioso yatch del riccone di turno che sfreccia nella nostra direzione ed il povero proletario in acqua, armato della forza delle braccia e nulla piu'. Mentre Marco mi indica la direzione di nuoto, Paola indica barca del riccone: Cosa dice? Facciamo alcune ipotesi: (conosco Paola da qualche decina d'anni per fortuna!): "Ma guarda sto gran fijo de na..." "Sto pezzo de m....." "A str...." Potrei continuare con le ipotesi, ma per decenza mi fermo qui. Nonostante i ripetuti avvertimenti della Capitaneria, allertata dal capo traversata via radio, il tycoon di turno, anzichè attendere il passaggio, mi spedisce contro una serie di onde che impauriscono anche i miei esperti accompagnatori. Ma io continuo, piano piano, senza pensare al tempo che scorre e, così come mi è accaduto nella vita di cui questa traversata è una bellissima metafora, procedo senza batter ciglio.

L'ultimo chilometro è un piacere: Giovanni mi guida tra le onde e la corrente che, tra l'altro mi sembrano aver allentato la morsa tanto piu' ci si avvicina a Cannitello! Ed eccoli qui sotto i miei trascinatori. Giovanni ( maglietta rossa) e Nino ( maglietta grigia ).

Senza il loro aiuto avrei potuto fare ben poco! Come vedete Nino, sorridente, fa segno che mancano solo trecento metri a Cannitello (o forse dice , questo c'ha ancora tre minuti di vita...). Mi ricordo di aver visto il conto alla rovescia dalla barca ed il cuore ha iniziato i tentativi di fuga dal petto. Aspettavo di distinguere il fondale da un momento all'altro. E finalmente eccolo!!!! I sassi cominciano a riacquistare forma mentre i miei occhialetti si riempiono di un liquido salato che non è acqua di mare. Ora! Poggio i piedi ed alzo le mani, ce l'ho fatta!!!! Il medico Marcello, pietossissimo, si butta in mare per acchiapparmi e dirmi "Sei grande!", Nino è in piedi a riva e batte le mani. Ecco, l'immagine di Nino che esulta è la mia medaglia d'oro olimpica, un'altra me la mette al collo Giovanni che grida :" Complimenti! E' un'impresa!". Sulle barche Giada sfodera i suoi ultimi do di petto per il gran finale ed è tutto un urlare. Non distinguo bene quello che mi accade, gli occhialetti li tolgo solo sulla barca, dove le mie povere cose, pantaloni e maglietta, avrebbero presto ricevuto il battesimo dell'acqua. I miei amici romanisti ricorderanno l'esultanza di Batistuta al terzo goal al Parma, 17 giugno 2001: ecco , avrei voluto esultare così, ma non avevo la curva sud davanti!. Mi tirano fuori dall'acqua come uno straccio bagnato: è Giulia a darmi la prima cosa asciutta da un'ora e mezza a questa parte, un bell'asciugamano. Mentre mi sistemo sulla barchetta per il ritorno in una curiosa posizione, steso pancia all'aria, il cielo ci ricompensa con una generosa grandinata. E' stato un bel sogno? Talvolta non basta rispondere di sì: è stato molto di più. E' sorprendente di come un sogno realizzato sia molto, molto più bello di come lo abbiamo pensato. C'è molta più gente rispetto alla versione originale e tante cose che, forse, rimarranno intrappolate in qualche angolo della memoria. C'è anche la voglia di raccontarlo per dirsi che è bello viverlo. Mentre rimetto i piedi a terra mi stranisco come un bebé troppo lontano dalla poppata. Riecco l'equilibrio che non c'è, le gambe che cedono...la solita vita terrestre.. Si ricomincia con il grande circo della tetraparesi , è tornato il clown più ubriaco del solito a quanto pare!

Tutti coloro che hanno partecipato si sono sentiti coinvolti in prima persona ed hanno anche contribuito al ricordo con le loro parole: ecco di seguito il messaggio ricevuto da Paola ed a seguire quello di mia nipote Giada.

"Sono contenta di essere stata presente ad un'emozione così forte che ti rappresenta così come la forza di quel mare che non mi ha spaventata come avrebbe fatto in un'altra circostanza. Ti voglio bene! Paola "

"Le zampette dritte non servono se la cosa necessaria sono le branchie. Ancora bravissimo zio mio..mi hai regalato una delle emozioni più grandi della mia vita. Buon viaggio . Giada".


Di ritorno al Paradis Bruna mi dona gentilmente un suo pantalone blu, l'unico capo di vestiario ancora ascuitto, che indosso dubbbioso. Ritorno sul balcone ed osservando la caletta sotto di me, la immagino vuota, come verso l'ora del crepuscolo. Vedo un uomo con pochi capelli in testa. L'immaginazione ha reso la mia vista tanto acuta da scorgere che ha un pizzetto sotto il mento. E' seduto a riva ed è solo. Si volta e scorge un bambino in costume, con una ciambella bianca e rossa intorno alla vita; va verso di lui cammindo a fatica e flettendo le gambette verso l'interno. Le sue braccia puntano in avanti come a cercare l'equilibrio nell'aria. L'uomo si alza e rimane in piedi, anche lui con le gambe flesse verso l'interno mentre il bambino capisce e gli sorride porgendogli la mano. Si voltano verso il mare e nuotando assieme toccano la boa rossa prima che il sole possa rimboccarsi le coperte.

Ringrazio tutti coloro che, a vario titolo mi hanno incoraggiato, ammonito ed aiutato .Un grazie speciale va a Nino Fazio, a real Bluesman and great swimmer e a Giovanni Arena con la sua sapiente perizia di barcaiolo ed atleta. Un grazie speciale al piccolo grande atleta Matt Woodrum (http://www.youtube.com/watch?v=o6Alt2DssYc) che mi ha ispirato con il suo grande coraggio.

Riccardo

pagina curata da a Nino Fazio - nino@baiadigrotta.it

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